Cosa sono le emozioni?
Esistono nella vita iperdigitalizzata?
intervista a Umberto Galimberti

Umberto Galimberti - Artonworld - Magazine of art

Il più grande filosofo italiano che con il suo “libro delle Emozioni” sta facendo discutere e riflettere sull’importanza dell’educazione alle emozioni e a riconoscerne le patologie scaturite dalle nevrosi che la nostra epoca iperconnessa genera. Vuole essere anche una guida alla scoperta delle emozioni umane, un fenomeno complesso e un campo di indagine sterminato. Se qualcuno dovesse chiederci che cosa sono, sarebbe difficile rispondere. Spesso confuse con gli stati d’animo o i sentimenti, le “Emozioni” sono processi multicomponenziali che determinano le nostre azioni e i nostri comportamenti. Sono risposte innate, composte da fenomeni involontari, automatici e simultanei, che coinvolgono sia il corpo che la mente. Ma per scoprire il valore delle “Emozioni”, interivistiamo l’autore del libro, il celebre filosofo contemporaneo Galimberti che ci condurrà attraverso una attenta analisi sia filosofica che psicanalitica per imparare a riconoscerse i sentimenti scaturiti dalle emozioni.
Perchè un libro dedicato alle Emozioni?
Umberto Galimberti: Perchè le emozioni le conosciamo pochissimo, le sentiamo, ma non le conosciamo. Non le conosciamo perchè i ragazzi, molto spesso, hanno le pulsioni e con quelle agiscono attraverso le parole, come fanno soprattutto i bulli. I bulli la scuola li sospende, mentre dovrebbe tenerli il doppio del tempo per insegnargli la risonanza emotiva. Chiamo risonanza emotiva quel sentire immediato che sa distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Il filosofo tedesco Immanuel Kant diceva che il bene e il male potremmo anche non definirli perche ciascuno li sente, usa la parola sentire in tedesco fullen, naturalmente da se, oggi questa sua analisi non è più vera, perchè un ragazzo non sente più la differenza tra insultare un professore o prenderlo a calci, oppure tra corteggiare una ragazza o struparla, e non sto esagerando, perchè quando per ragioni giornalistiche mi tocca sentire le risposte che questi ragazzi danno ai giudici che li interrogano, e rispondono: “…e ma cosa abbiamo fatto?!” cadono dal pero, perchè non hanno la risonanza emotiva delle loro azioni, perchè le emozioni vanno anche insegnate. L’educazione consiste proprio in questo passaggio dalle pulsioni alle emozioni, percui bisogna insegarle.
Dove bisogna insegnarle? Prima in famiglia e poi a scuola?
Umberto Galimberti: Soprattutto a scuola, perchè la scuola da questo punto di vista è molto deficitaria, di solito si limita solo ad istruire non ad educare. Educare significa seguire i percorsi emotivi degli studenti, accompagnarli in quell’età incerta e critica che si chiama adolescienza, in cui la comparsa della sessualità comporta una radicale riformulazione della visione del mondo; a questo punto i ragazzi vanno in crisi, soffrono, ma non sanno dare il nome alle loro sofferenze, e soprattutto, non hanno le strategie per riuscirci. Per questo bisogna dare un’educazione, si certo in famiglia, per quel tanto che basta,visto che le famiglie oggi sono così dissestate, e la parola genitore conta fino a 12 anni circa. Quando i ragazzi passano dall’amore incondizionato dei genitori a quello condizionato con i loro amici, in quel passaggio che si chiama edipo, diventano furiosi, perchè l’Edipo in cosa consiste? Nell’abbandonare il mondo genitoriale, che nel linguaggio di edipo, dice di uccidere il padre, se non lo fanno in famiglia, lo fanno in piazza, peniamo ad esempio a quello che fanno nella curva nord, le manifestazioni, negli stadi dove va la polizia. Allora tutte queste aggressività bisogna fargliele fare in casa, in famiglia, come ad esempio sbattere la porta. Con questi comportamenti si riconosce il passaggio evolutivo del ragazzo e gli permette di entrare più facilmente in relazione con l’amore condizionato dei loro amici.
Il mondo sempre più digitalizzato vede sospendere le emozioni per portarle in una condizione di stand by è possibile? Cosa sta succedendo nell’era della digitalizzazione?
Umberto Galimberti: La digitalizzazione porta dei guai non indifferenti, con i telefonini, ad esempio, cosa succede? Succede che si ha l’unica incapacità di reggere la distanza, percui ricevo un messaggio, devo immediatamente rispondere, se non rispondo, vado in angoscia, oppure subentra una sorta di onnipotenza perchè posso controllaare la persona che mi sta a cuore, e sapere che luoghi frequenta, se sono una persona importante parlo ad alta voce cosi mi riconoscono, una sorta di angoscia dell’anonimato, si perde il mondo interiore, perchè il mondo interiore ama il silenzio, invece siamo bombardati dai trilli dei telefonini. Si perde la libertà, perchè quando arriva la telefonta bisogna rispondere, se non si risponde prima o poi dobbiamo giustificarci, quando passiamo al computer è ancora peggio. Dobbiamo ricordarci che l’informatica, non è un mezzo, è un mondo. La differenza tra mezzo e mondo è radicale, vuol dire che abitando l’informatica non sono più nel mondo reale, ma in quello virtuale, con conseguenti fenomeni di derealizzazione, posso vedere Roma, un concerto senza esserci mai andato, così si finisce per simulare di fare cose che non si riusciamo a fare, poi si ha un altro fenomeno la desocializzazione, la distanza sociale non l’ha creata il Virus, ma l’ha creata l’informatica perchè parlare davanti al Computer non è la stessa cosa che vivere di relazioni vere. Altra dipendenza è il Cybersesso
Anche gli adulti cadono vittima di tutte queste dipendenze?
Umberto Galimberti: Certo, è ovvio, ad esempio, posso scatenare tutte le mie fantasie sessuali senza avere un vero compagno, nasce così il cybersesso che significa: io posso fare di tutto virtualmente, ma poi difronte alla propria ragazza o ragazzo ci si ritrova incapaci o insufficenti di vivere la relazione perchè la presenza fisica dell’altro mi impegna mentre lo schermo no. Per non parlare delle chatte, in cui si creano dei profili ideali che non corrispondono alla realtà, e poi quando si entra nel mondo reale e nessuno lo riconosce più, allora la persona si rituffa nel mondo virtuale. Tutto questo genera gravi problemi e patologie serie.
Il libro sulle Emozioni nasce per far riflettere sul valore delle emozioni?
Umberto Galimberti: certo per far riflettere sul significato delle emozioni e sulla patologizzazione delle emozioni, perchè quando si patologizzano le persone si ammalano.
Come si può venire fuori da tutto questo?
Umberto Galimberti: Non si può! questo mondo è entrato nella virtualità. Il Governo finanazierà la digitalizzazione di tutto, e quindi, il nostro mondo sarà virtuale. Una volta bisognava uscire di casa per incontrare qualcuno, oggi bisogna entrare in casa ed accendere il Computer o aprire il telefonino e il mondo mi compare li, così il mondo reale non lo conosco più.
Sarà per sempre così? le emozioni vere scompariranno per privilegiare quelle virtuali?
Umberto Galimberti: Si, si privileggeranno sempre di più le emozioni che non impegnano fisicamente, quelle virtuali.
Cosi l’essere umano si distrugge
Umberto Galimberti: I filosofi lo dicono già da cento anni, l’uomo è uscito dalla storia. la realtà è soppiantata da quella virtuale in cui si abbattono le distanze e cambiano le categorie dello spazio, ma la psiche non ha questa estensione, la psiche ha una comprensione limitata al mondo circostante, per fare un esempio: se muore una persona a me cara piango, se muore la mia vicina di casa faccio le condoglianze, nel mondo muoiono centinaia di bambini ed io non reagisco, perchè queste sono solo statistiche e la mia psiche non reagisce a quelle dimensioni globali. La nostra psiche è strutturata solo limitatamente alla prossimità , e questo è un limite che dobbiamo riconoscere. Vedremo se questo mondo informatico ha la capacità di darsi un limite e come diceva Pier Paolo Pasolini “…non continuiamo a sperare che il mondo si modifichi”. Ormai siamo in un altro mondo, l’essere umano si è perso di vista completamente. Le persone non sono più riconosciute perchè il mercato ci vede solo come consumatori, con gli algoritmi cosa succede? che ci riconoscono e dopo di che diventiamo apparati tecnici dove siamo giudicati non per quello che siamo, ma per i valori della tecnica, per efficienza, produttività, velocizzazione, economia.
Grazie

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The greatest Italian philosopher who, with his “Book of Emotions” is making people discuss and reflect on the importance of education to emotions and to recognize the pathologies arising from the neuroses that our hyperconnected age generates. It also wants to be a guide to the discovery of human emotions, a complex phenomenon and an endless field of investigation. If someone were to ask us what they are, it would be difficult to answer. Often confused with moods or feelings, “Emotions” are multicomponential processes that determine our actions and behaviors. They are innate responses, composed of involuntary, automatic and simultaneous phenomena, involving both body and mind. But to discover the value of “Emotions”, interivstiamo the author of the book, the famous contemporary philosopher Galimberti that will lead us through a careful analysis both philosophical and psychoanalytical to learn to recognize the feelings triggered by emotions.
Why a book dedicated to Emotions?
Umberto Galimberti: Because we know very little about emotions, we feel them, but we don’t know them. We don’t know them because young people, very often, have impulses and act with them through words, as bullies do. The school suspends bullies, while it should keep them twice as long to teach them emotional resonance. I call emotional resonance that immediate feeling that can distinguish good from evil, right from wrong. The German philosopher Immanuel Kant said that good and evil we could not even define them because everyone feels them, he uses the word feeling in German fullen, of course by itself, today this analysis is no longer true, because a boy no longer feels the difference between insulting a professor or kicking him, or between courting a girl or raping her, and I am not exaggerating, because when for journalistic reasons I have to hear the answers that these boys give to judges who question them, and respond: “. ..and what have we done?!” they fall off the wagon, because they do not have the emotional resonance of their actions, because emotions must also be taught. Education consists precisely in this transition from drives to emotions, so they must be taught.
Where should they be taught? First in the family and then at school?
Umberto Galimberti: Above all at school, because school from this point of view is very deficient, usually it limits itself only to instruct not to educate. To educate means to follow the emotional paths of the students, to accompany them in that uncertain and critical age that is called adolescience, in which the appearance of sexuality involves a radical reformulation of the vision of the world; at this point the boys go into crisis, they suffer, but they do not know how to name their suffering, and above all, they do not have the strategies to succeed. This is why we need to give an education, certainly in the family, for as long as it takes, given that today’s families are so disrupted, and the word parent counts up to about 12 years of age. When children pass from the unconditional love of their parents to the conditional love of their friends, in that passage called Oedipus, they become furious, because Oedipus consists in what? In the abandonment of the parental world, which in the language of Oedipus, says to kill the father, if they do not do it in the family, they do it in the streets, think for example of what they do in the north curve, the demonstrations, in stadiums where the police go. Then all these aggressions must be done at home, in the family, such as slamming the door. With these behaviors you recognize the evolutionary transition of the boy and allows him to more easily relate to the conditional love of their friends.
The increasingly digitized world sees suspending emotions to bring them into a standby condition is this possible? What is happening in the age of digitization?
Umberto Galimberti: Digitization brings a lot of trouble, with cell phones, for example, what happens? What happens is that you have the only inability to withstand the distance, so I receive a message, I must immediately respond, if I do not respond, I go into distress, or a sort of omnipotence arises because I can control the person I care about, and know what places he attends, if I am an important person I speak loudly so they recognize me, a sort of anguish of anonymity, you lose the inner world, because the inner world loves silence, instead we are bombarded by the trills of cell phones. We lose our freedom, because when the phone call comes we have to answer, if we don’t answer sooner or later we have to justify ourselves, when we switch to the computer it’s even worse. We must remember that information technology is not a means, it is a world. The difference between medium and world is radical, it means that living in the computer are no longer in the real world, but in the virtual one, with consequent phenomena of derealization, I can see Rome, a concert without ever having gone, so you end up simulating to do things that you can not do, then you have another phenomenon, the desocialization, the social distance has not created the Virus, but has created the computer because talking in front of the computer is not the same thing as living in real relationships. Another addiction is Cybersex
Do adults also fall victim to all these addictions?
Umberto Galimberti: Sure, it’s obvious, for example, I can unleash all my sexual fantasies without having a real companion, and this is how cybersex is born, which means that I can do anything virtually, but then in front of your girlfriend or boyfriend you find yourself unable or insufficient to live the relationship because the physical presence of the other person engages me while the screen does not. Not to mention the chat rooms, where you create ideal profiles that do not correspond to reality, and then when you enter the real world and no one recognizes him anymore, then the person dives back into the virtual world. All this generates serious problems and serious pathologies.
Was the book on Emotions created to make people reflect on the value of emotions?
Umberto Galimberti: certainly to make people reflect on the meaning of emotions and on the pathologization of emotions, because when people become pathologized they become ill.
How can one come out of all this?
Umberto Galimberti: You can’t! This world has entered virtuality. The government will finance the digitalization of everything, and therefore, our world will be virtual. Once it was necessary to leave the house to meet someone, today it is necessary to enter the house and turn on the computer or open the cell phone and the world appears to me there, so I no longer know the real world.
Will it be like this forever? Will real emotions disappear in favor of virtual ones?
Umberto Galimberti: Yes, the emotions that do not engage physically, the virtual ones, will be increasingly privileged.
So the human being is destroyed
Umberto Galimberti: Philosophers have been saying this for a hundred years, man has left history. Reality is supplanted by virtual reality in which distances are reduced and categories of space change, but the psyche does not have this extension, the psyche has a limited understanding of the world around it, to give an example: if someone dear to me dies I cry, if my neighbor dies I offer my condolences, hundreds of children die in the world and I do not react, because these are just statistics and my psyche does not react to those global dimensions. Our psyche is structured only limitedly to proximity, and this is a limitation we must recognize. We will see if this computer world has the ability to give itself a limit and as Pier Paolo Pasolini said “…let’s not keep hoping that the world will change”. By now we are in another world, the human being is completely lost sight of. People are no longer recognized because the market sees us only as consumers, with the algorithms what happens? They recognize us and after that we become technical devices where we are judged not for what we are, but for the values of technology, for efficiency, productivity, speed, economy.
Thanks

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